Una
delle cose che più desideravo, quando siamo partiti per questo viaggio, era di
non dover sconvolgere le mie abitudini alimentari.
I
nostri amici conoscono perfettamente la mia mancata passione per la cucina;
quando li invitavo a cena, si ritrovavano a dover cucinare.
Ciò
nonostante, mi ero ripromessa di
riuscire ad avere un corretto regime alimentare.
O
meglio, una corretta e sana alimentazione senza dover ricorrere all’utilizzo
d’integratori.
Ma
come si fa se non si cucina ?
Per
prima cosa ho deciso di mangiare soltanto cibi “sani”, ma che allo stesso tempo
mi piacciono veramente.
Dico “sani” perché se dovessimo decidere
di mangiare solo quello che più ci piace, probabilmente finiremmo con il
cibarci di sola Nutella e Coca-Cola e ovviamente, per quanto possano essere buone, non costituiscono la base dell’alimentazione.
Credo
che il vero segreto per riuscire ad alimentarci in maniera corretta stia nel
fare la spesa. Il momento in cui scegliamo le cose al supermercato, corrisponde
esattamente al momento in cui decidiamo e pianifichiamo cosa mangeremo.
La
mia lista della spesa è fatta di cibo inutile. A me piace chiamarlo così,
in realtà corrisponde a tutto ciò
di cui mi nutro. Sono le cose che più mi piacciono: frutta, verdura, cereali,
legumi, noci, mandorle, frutta secca, yogurt, gallette di riso, farro, quinoa,
germogli alfa alfa, germogli di fagiolo, uova, spezie, pane integrale.
Con
questo ipotetico piano alimentare sono partita con il mio compagno di vita e di
avventura per questo viaggio. Io vegetariana da circa un anno, lui no.
Avevamo
di fronte 45 giorni di vita in furgone.
Il
sogno di una vita. Vivere nel lusso di non doverci preoccupare di niente se non di
costruire il nostro futuro, coscienti del fatto che è un privilegio che non
tutti si possono permettere!
Abbiamo
cercato di cucinare in furgone il più spesso possibile, ma fra gli impedimenti
climatici e gli imprevisti tecnici, come il fatto di rimanere senza propano,
non è sempre andata così.
Ma
la fame si faceva sentire comunque, e Andretti anche:
E’
una frase tratta dal film Into the Wild, gridata dal protagonista quando capisce che
non ha più possibilità di tornare a casa e l’inverno si sta avvicinando.
Una
storia vera, da pelle d’oca.
E
quando Andretti si sente sottoalimentato o sottonutrito, dobbiamo trovare cibo,
di qualsiasi tipo, genere, forma e dimensione, nell’immediato.
I
suoi attacchi di fame possono essere di diverso genere; se sono del tipo
istantaneo e non riguardano il
pasto principale, allora possiamo trovare qualcosa che lo calmi anche nei
classici negozi all’americana, quelli che vendono più che altro patatine,
alcool, bibite, cibo confezionato in luccicanti pacchetti, noci, arachidi,
tonnellate di
caramelle. Un sacco di roba chimica insomma, ma anche caffè, banane e yogurt per me.
Se
invece l’attacco di fame cade nell’ora dei pasti principali,
le opportunità di scelta si moltiplicano.
Questo
ci ha portato a visitare centinaia di supermercati che ho ipoteticamente diviso in due
categorie: quelli classici, dove trovi di tutto, alimentari, abbigliamento,
casalinghi e quelli che vendono cibo inutile.
Ovviamente
sono i nostri preferiti.
Abbiamo
trovato almeno un paio di grosse catene che offrono cibo organico disposto in
ordinati packaging dalla grafica vintage.
Ci
sono scaffali stracolmi di confezioni dall’aspetto retrò, che ricordano il cibo
sano della nonna.
Attraverso
il packaging ti vendono l’idea di aver comprato qualcosa di buono.
Awesome!
Ci
sono enormi espositori auto-innafianti, zeppi di insalata e verdura, disposte in
ordine di grandezza, cromatico e quasi anche cronologico e luccicanti mele
disposte ordinatamente a piramide, quasi in bilico, sopra casse di legno.
Sembra
di essere in un museo di arte moderna.
Ci
sono installazioni ovunque, ma anche poster e murales sulle pareti.
L’impressione
è quella di essere immersi in un mondo fantastico, fatto di salute e gioia.
Quasi idilliaco.
Quando
lavoravo da “Martinelli truffa e verdura”, come lo chiamavamo tra gli amici, per via dei
prezzi magicamente maggiorati
all’arrivo dei villeggianti, le angurie me le facevano esporre dentro un carrello della spesa, fuori dal
negozio.
Uguale
no?
Il
supermercato con la più vasta scelta di cibo inutile l’abbiamo trovato all’entrata di una delle valli più famose
al mondo per la concentrazione di geni dell’informatica: la Silicon Valley, sede di numerose aziende come Google o Facebook.
In
qualche modo mi sono sentita partecipe della loro pausa pranzo.
Con
noi, tra i tavoli del
supermercato, a giudicare dai loro cartellini, c’erano anche molti impiegati della famosa azienda che ha per logo una mela.
I
muratori hanno bisogno di un sacco di energia per supportare il fisico, gli
impiegati hanno bisogno di un sacco di energia per alimentare la mente.
Tutto
ciò mi ha fatto riflettere sul fatto
che
l’alimentazione delle persone in qualche modo sta cambiando; o forse
sta cambiando l’attenzione delle persone nei confronti dell’alimentazione e che
la stessa può variare in funzione del lavoro svolto.
In
generale si sta sviluppando una maggiore consapevolezza sull’importanza di
mantenere in salute il proprio corpo e di prendersi cura di se stessi.
In
fondo lo dicevano anche gli antichi yogin che il corpo è fatto di cibo, oppure, come diceva il
filosofo Ludwig Feuerbach, siamo ciò che mangiamo.
D’altra
parte, il nostro obiettivo non è quello di star bene fisicamente e mentalmente?
Se
dovessimo definire una scala di valori, la salute non la metteremmo tra i primi
gradini del podio?
Alla
fine ho capito che anche un vegetariano può sopravvivere in viaggio convivendo
con un onnivoro senza saper cucinare e senza dover ricorrere agli integratori.
La
California, di buono da aggiungere alla lista del cibo inutile ha: insalate di farro, barrette di frutta secca e carote e hummus!